Forse sei morto e non lo sai

Nel corso della nostra pratica potremmo aver compreso che esiste una continuità sostanziale fra la veglia e il sogno, fra la vita e la morte. Potremmo dire, parafrasando il generale Von Clausewitz, che il sogno è la prosecuzione della veglia con altri mezzi, così come la morte è la prosecuzione della vita con altri mezzi. Comprendendo la fondamentale unità degli stati di coscienza e quindi vedendo nello stato di veglia un sogno, e nel sogno uno stato di veglia, potremmo iniziare a domandarci se una qualunque esperienza quotidiana nello stato di veglia non appartenga per caso a un sogno. L’esperienza sensoriale che sto compiendo in questo momento è forse parte di un sogno? L’esperienza tattile dello scrivere queste frasi muovendo le dita sulla tastiera del computer è forse parte di un sogno?

Forse il pensiero che mi attraversa la mente in questo momento è parte di un sogno. Forse la persona che mi sta davanti è parte di un sogno e io sono parte del suo sogno, forse ci sogniamo reciprocamente e saremo destinati a incontrarci di nuovo nel sogno che sogneremo questa notte oppure nel sogno di un’altra vita. E allora quale differenza tra incontrare questa persona nella veglia ipotizzando si tratti di un sogno, e incontrarla nel sogno ipotizzando che si tratti della veglia? E procedere quindi così nel corso delle nostre giornate sottraendo a ogni momento dell’esistenza la pesantezza di una presunzione, e cioè che le esperienze siano solidamente e concretamente inserite dentro una realtà data per immutabile. Siamo abituati a pensare allo stato di veglia come popolato da una realtà solida come cemento armato. Mentre nel sogno è tutto così fluido, mutevole! Nel sogno i panorami cambiano in un istante, le storie si rovesciano immediatamente e siamo in un altro luogo e siamo in un’altra storia senza nemmeno accorgercene; saltiamo con un balzo improvviso a un altro capitolo, rapidamente attraversiamo 100 pagine di quella storia e piombiamo in una realtà completamente differente. Che meraviglia!

Il sogno è la prosecuzione della veglia con altri mezzi e la memoria del sogno è in stretta relazione con il vivere pienamente da svegli.

Se procediamo con la pratica del “forse anche questa cosa fa parte di un sogno” ricorderemo molti più sogni, e ciò porrà le basi per ricordare a noi stessi che stiamo sognando mentre sogniamo. Anche chi afferma di non sognare, in realtà sogna abbondantemente, poiché il fatto di non ricordare i sogni non significa che non sogniamo. Così come il non ricordare di vivere pienamente la vita, non significa che non viviamo. Sogniamo tutte le notti anche se non ricordiamo i sogni. Viviamo tutti i giorni, anche se non ricordiamo di vivere. E occorrerebbe fare un passo ulteriore: contemplare la continuità tra la vita e la morte, elemento più scabroso, evitato dai più: e tuttavia se siamo in grado di assumere il “punto di vista del morto”, allora ci accorgeremo dell’assenza di una barriera fra questa e l’altra condizione. Fra questa vita e l’altra vita, la vita che viviamo da morti, in attesa di vivere una vita da vivi. Perché forse non ce ne siamo accorti: siamo morti e non lo sappiamo. Ma se proprio il punto di vista del morto ci risulta difficile, allora assumiamo il “punto di vista del sognatore”. Cominciamo da lì. Del resto ogni continuità assomiglia ad altre continuità: la veglia, il sogno,  la vita, la morte…

Da queste considerazioni nasce la necessità della pratica del Co.Co.Co che non è la Collaborazione Coordinata Continuativa, ma la Continuità Coscienziale Co-creativa: si tratta di addestrarsi ad attraversare gli stati di coscienza mantenendo la fermezza di una lucidità che continua a domandarsi “forse anche questa esperienza fa parte di un sogno?”. Operando in questo modo si giunge a una co-creatività fondamentale fra gli stati di coscienza per cui riceviamo ispirazione e suggerimento dal sogno di modo che la nostra veglia ne viene arricchita. Allo stesso modo portiamo la determinazione di un processo evolutivo che stabiliamo nella veglia dentro il reame del sogno, risvegliando così i livelli più profondi del sonno senza sogni e giungendo all'apice della potenzialità innata di ogni essere umano rappresentata da quel Quarto stato (definito Turīya nelle Upaniṣad) ove la coscienza, il suo potere incoercibile e radicalmente libero, si esprime compiutamente. E forse anche questa pratica è parte di un sogno, forse il fatto che leggiate queste parole in forma di aggregato di pixel sullo schermo di un dispositivo digitale è parte di un sogno. E anche se ci incontrassimo di persona, nella stessa stanza, due corpi fisici nello stesso spazio-tempo, forse anche quell’esperienza potrebbe essere parte di un sogno. Forse. Punto. Forse anche il punto dopo il forse è parte di un sogno.

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