Tre passi (anche piccoli) e sei libero

Generiamo determinati pensieri in relazione a una griglia di credenze su noi stessi e sul mondo esterno. Senza rendercene conto filtriamo così la realtà e la modelliamo a nostra immagine e somiglianza. Quando inconsciamente conduciamo la medesima operazione tutti i giorni, cioè filtrare la realtà secondo questa griglia di credenze, produciamo karma i cui effetti rafforzeranno la griglia di partenza. Ci troveremo così in un affanno esistenziale ripetuto, drammaticamente in ritardo e disorientati rispetto agli eventi che contribuiamo a manifestare. Del resto una delle migliori definizioni del karma è quella data dal maestro zen Deshimaru Roshi: inseguire costantemente gli effetti delle proprie azioni. E nonostante si possa essere veloci, velocissimi, non saremo mai abbastanza veloci da superare la velocità del karma. Ci starà sempre davanti.

Conviene allora disincagliarsi dalla griglia che guida le nostre azioni evitando i medesimi effetti in grado di obbligarci, ogni volta, alla medesima, sfibrante rincorsa. Per farlo occorre innanzitutto divenire consapevoli del dinamismo karmico che imprigiona nella ripetitività di pensieri, emozioni e azioni. E qui sarà utile un mini-ripasso della lezione impartita in antico dai veggenti dell’India e perfezionata dal Buddha quasi trenta secoli fa: se a guidare il nostro agire è un pensiero generato da ignoranza, l’azione si colorerà di una determinata emozione e la miscela pensiero-emozione-azione così prodotta sarà responsabile della generazione di karma (più o meno pesante) che in seguito dovremo processare e smaltire. Conviene anche ricordare che la parola sanscrita karma significa semplicemente “azione”. È una parola che non ha in sé alcuna negatività predeterminata. Come umani siamo destinati all'azione, quindi il karma ci attende dietro l'angolo di ogni nostro movimento. E tuttavia se pensiamo a un essere umano sufficientemente evoluto, noteremo che la sua azione ideale (cioè scaturita dal non-attaccamento) viene orientata secondo chiarezza di pensiero e mediante un’emozione selezionata per raggiungere una determinata direzione. Si tratta infine di comprendere cosa si vuole ottenere dalle proprie azioni, e come si intende costruire il proprio destino. Se di nuovo torniamo a quell'essere umano ideale, sufficientemente evoluto, noteremo che desidera raggiungere una destinazione finale connotata da leggerezza e trasparenza. E assenza di paura. Perché la paura non aiuta, soprattutto nelle grandi transizioni. E infine non importa come siamo giunti qui sulla terra, come siamo entrati nel labirinto dell’esistenza. Quel che conta veramente è come ne usciamo. Uno yogin, una yogini, intende uscire in grande stile, con eleganza, inneggiando alla bellezza. A passo di danza.

“La parola sanscrita karma significa semplicemente “azione”. È una parola che non ha in sé alcuna negatività predeterminata. Come umani siamo destinati all'azione, quindi il karma ci attende dietro l'angolo di ogni nostro movimento”

Ottenuta la chiarezza sul funzionamento del meccanismo karmico, il primo passo verso lo smantellamento della griglia è compiuto. Il secondo passo è produrre azioni che siano in controtendenza rispetto all’abitudine determinata dalla griglia di credenze. Piccole azioni, ma consistenti, dichiarazioni inaudite di coraggio applicate ad azioni minime che significhino tuttavia un’inversione di rotta e una graduale rivoluzione interiore per raggiungere infine la liberazione totale, una dichiarazione di indipendenza dai preconcetti auto-punitivi e auto-limitativi con i quali teniamo a bada il nostro smisurato potenziale d’azione. All’inizio sembrerà di aggiungere un granello di sale a un enorme pentolone d’acqua, sembrerà che nulla cambi. Ma insistendo con costanza, aumentando la quantità di sale, prima o poi l’acqua dovrà risultare salata. Avremo così raggiunto un cambiamento di stato che è il presupposto per produrre azioni nuove, svincolate dalla griglia abitudinaria, sfuggendo la quale entriamo in una nuova dimensione interiore che non è più la reiterazione cieca a comportarsi secondo false credenze su noi stessi.

Il terzo passo sta nel consolidare questo processo: lo si fa aumentando il numero di azioni in controtendenza rispetto alla griglia iniziale. Poi occorre sistemare la sequenza di azioni nuove entro una visione di noi stessi che sia effettivamente inedita. La pratica della meditazione, del mantra, della visualizzazione, consente di dare una forma, un’immagine, a quella novità di noi stessi che rappresentiamo ora, in modo che le azioni possano moltiplicarsi sempre più fluidamente, sempre più automaticamente, per alimentare una controtendenza che genera uno scassinamento definitivo della vecchia griglia. Problema risolto? Forse, ma occorre vigilanza… Tutto il passato che abbiamo, per così dire, alle spalle, costruito meticolosamente e inconsciamente secondo la griglia dell’abitudine, costituisce una forma-pensiero ancora viva, una massa energetica divenuta sottile, ma che possiede tuttora un suo potenziale d’azione in grado di raggiungerci, sorpassarci e mettersi di nuovo alla guida della nostra esistenza, manifestandosi in ogni azione. La stabilità della liberazione dipende dal non assoggettarsi a quelle forze misteriose, in larga parte sconosciute, che costituiscono una possibilità latente, in cerca di un’espressione sul piano fisico. In questo senso è fondamentale ricorrere alle pratiche di mantra e di meditazione, suscitando energie di protezione che possano schermare il corpo-mente rispetto a indebite pressioni “esterne”. Del resto il viaggio evolutivo appena descritto inizia allo stesso modo: con il mantra e la meditazione. Mediante questi mezzi siamo in grado di costruire una realtà nuova, e mediante l’insegnamento ricevuto dai grandi maestri del passato e del presente, siamo in grado di proiettarci nel futuro con un sorriso. Che, se volete, assomiglia a quello del Buddha.

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Forse sei morto e non lo sai