Quella voce interiore che dice sempre “no”

Il mondo è un grande palco teatrale, una scena che riflette il nostro mondo interiore. Noi siamo il primo attore e l’intera compagnia e tutto quello che sta nel cuore come moltitudine di voci è riconducibile a un linguaggio unico, quello dell’anima e del suo meraviglioso viaggio. E tuttavia sfugge il meccanismo mediante il quale trasferiamo il dialogo interiore all’esterno, e come quel che diciamo a chi si incontra nel mondo esteriore sia l’esatta copia di quel dialogo interiore che intratteniamo con noi stessi. Se siamo carenti di autostima, tendiamo a proiettare quella bassa autostima sulle persone che incontriamo. Anche se a parole pensiamo di tenerle in considerazione, non potremmo mai stimarle veramente poiché non stimiamo noi stessi. La stessa cosa dicasi per il sentimento dell’amore: se non siamo in grado di esprimerlo interiormente verso la nostra stessa persona, nei dialoghi intimi che ci riguardano, allo stesso modo non saremo in grado di esprimerlo esteriormente verso la persona che diciamo di amare, verso le persone alle quali pensiamo di essere in grado di rivolgere un sentimento pieno e compiuto.

Quel dialogo va avanti da sempre, talmente scoperto da rendersi invisibile. Non ci rendiamo conto delle cose che ci diciamo, di come ci rispondiamo, delle domande che ci rivolgiamo, e dei silenzi che intercorrono fra gli attori della compagnia interiore quando la conversazione scivola nell’imbarazzo, nell’indifferenza. Così non ci accorgiamo di come parti di noi siano in dialogo intimamente secondo le battute di una trama perlopiù già scritta. Se una parte esprime un desiderio, un’opinione, un’ipotesi, un’altra parte si incarica di ribattere, il più delle volte in modo distruttivo, negando, sottostimando e denigrando la proposta della parte che si è fatta avanti. Esistono censori interiori che si incaricano di smantellare ferocemente ogni proposta. E nei dialoghi teatrali che intratteniamo con noi stessi crediamo di essere una voce sola. Diciamo una cosa, poi la neghiamo. Facciamo un proponimento, poi lo smontiamo. E non ci accorgiamo che quel dialogo va avanti fra parti di noi che possono porsi in contrasto, parti che se non risolvono quel contrasto ridurranno l’azione all’inefficacia, il pensiero all’ossessione, l’amore all’odio. E attenzione, qui sta un aspetto fondamentale della questione: pensiamo che le nostre frasi siano costruite a soggetto unico: “Vorrei tanto imparare quella determinata cosa, ma non sono in grado di farlo”. “Vorrei tanto riuscire in questa impresa, ma non ce la farò mai”. Pensiamo di essere un’unità che esprime una intenzione e poi un dubbio. In realtà il quadro è più complicato: i soggetti sono molteplici e le voci si intersecano, si accavallano, spesso si scontrano. Quando diciamo: “Vorrei realizzare quello scopo, ma non ne sono capace”, in realtà, senza esserne consapevoli, diciamo: “Vorrei realizzare quello scopo, ma tu non ne sei capace”. È un’altra voce che si oppone, un’altra parte di noi. Entra in gioco un secondo soggetto che si oppone alla dichiarazione proposta (timidamente) dal primo soggetto. E lo fa con un’attitudine perentoria che non lascia spazio a repliche.

“Esistono censori interiori che si incaricano di smantellare ferocemente ogni proposta. E nei dialoghi teatrali che intratteniamo con noi stessi crediamo di essere una voce sola”

Perché è importante riconoscere la pluralità dei soggetti interiori? Poiché così ci renderemo conto di aver avere creato parti di noi adatte a svolgere una certa funzione -  per ragioni di convenienza o di sopravvivenza - parti che si dedicano a quella funzione in modo efficace, ma che sono fuori controllo: hanno conquistato l’intero campo del pensiero, l’intero spettro della riflessione, e si incaricano di boicottare le voci diverse che altre parti esprimono. Un equo bilanciamento dell’interiorità consente alle parti di coesistere pacificamente: una parte di cuore, sentimentale, che esprime delicatezza e bellezza, in equo bilanciamento con una parte mentale più concreta, più dedicata a raggiungere uno scopo o a mantenere in vita una certa situazione, di modo che possa esserci un equilibrio fondamentale tra mente e cuore, fra ragione ed emozione. Ma quando la mente, la ragione, prende sopravvento sul cuore e sull’emozione  - o viceversa - allora una parte mette a tacere un aspetto fondamentale della vita dell’individuo. E compie questa azione annichilendo l’esistenza, la voce, di un’altra parte.

Quegli aspetti fondamentali della vita dell’individuo che vengono isolati e sterilizzati, arginati dietro un muro di contenimento affinché non possano esprimersi, in qualche modo reclameranno la loro presenza, e faranno valere le loro istanze. Non possiamo dimenticare quelle parti di noi che abbiamo disconosciuto fino a isolarle. Prima o poi un sintomo si manifesterà come voce dell’anima che reclama la sua completezza: forse l’annuncio di un malessere, forse la rappresentazione di un squilibrio sul piano della vita del corpo e della mente. Ed è solo recuperando quelle parti, consentendo a quelle parti di esprimersi, di far valere la loro presenza e di far sentire la loro voce, che potremmo recuperare un bilanciamento ideale e disegnare un essere umano a figura piena, in buona salute e in grado di esprimersi secondo diversi registri e realizzare una piena potenzialità che non tralascia nulla, poiché ogni aspetto delle nostre vite interiori è prezioso.

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Il fantasma dell’abitudine e la mente ripetitiva

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In viaggio verso noi stessi, vita dopo vita