Il fantasma dell’abitudine e la mente ripetitiva

Come praticanti di meditazione siamo istintivamente orientati verso la realtà della materia non fisica che si colloca oltre la realtà della materia fisica. Un altro cielo e un’altra terra attendono di essere scoperti ed esplorati aldilà di una soglia che le tecniche di meditazione consentono di attraversare.

Se partiamo dal presupposto di non essere solamente il nostro corpo fisico, se sentiamo nel profondo della nostra esperienza umana la presenza di un altro livello di realtà, allora dovremmo domandarci come stabilire un contatto profondo e proficuo con quel livello di esistenza alfine di completare la nostra vita, di renderla più autentica e bella, più corrispondente al posto nel mondo che siamo chiamati ad occupare nei piani del destino individuale e collettivo.

Da praticanti di meditazione siamo consapevoli di come la realtà, questa realtà materiale - densa, pesante, sensibile - sia il prodotto di un’altra realtà, fluida, sottile, non ancora formata. E siamo chiamati a camminare e operare fra questi due mondi contigui - realtà della materia fisica e realtà della materia non fisica. Per farlo è utile immaginare la realtà oltre la soglia come una nebulosa energetica che è il campo delle probabilità e da cui estraiamo forme, linee diritte, densità e pesantezza. In poche parole: tutte le espressioni della vita materiale. Il meccanismo che induce a estrarre queste forme della nebulosa energetica è basato sull’abitudine. Ed è per via dell’abitudine che le forme della vita materiale tendono a riprodursi sempre uguali a se stesse, repliche di un passato che si protrae per inerzia.

A volte applichiamo strategie di cambiamento, tecniche, metodi di meditazione, e per un certo tempo ne ricaviamo soddisfazione: le cose sembrano andare meglio… Poi ci prende la pesantezza del pensiero e concludiamo che le cose vanno un po’ meglio, sì, ma poi non così tanto... Forse pensiamo di non essere in grado di applicare certi metodi, forse i metodi (come la meditazione) funzionano, ma non fanno il caso nostro. Pensiamo di non essere adatti a imprimere certe svolte alla nostra vita e allora rimandiamo a tempi migliori. Forse ad altre vite. Così lo scoraggiamento induce alla dimenticanza di sé e del proprio destino, e dalla dimenticanza di sé e del proprio destino emergono le forme dell’abitudine. Allora inevitabilmente estraiamo dal campo probabilistico della nebulosa energetica le medesime realtà materiali, sempre le stesse.

A volte applichiamo strategie di cambiamento, tecniche, metodi di meditazione, e per un certo tempo ne ricaviamo soddisfazione: le cose sembrano andare meglio… Poi ci prende la pesantezza del pensiero e concludiamo che le cose vanno un po’ meglio, sì, ma poi non così tanto...

Qual è il giusto approccio che ci consente finalmente di imprimere un cambiamento alla nostra vita? Coltivare l’intenzione forte di estrarre finalmente dalla nebulosa energetica una novità: un’idea nuova, un’emozione nuova, una determinazione nuova. Piuttosto che ricadere costantemente nel medesimo tranello teso dall’abitudine, possiamo immaginare coraggiosamente una forma diversa per i nostri pensieri, un risultato diverso per le nostre azioni. Ecco, ciò che occorre è una novità, una cosa nuova! E non deve essere straordinaria, meravigliosa, rivoluzionaria, fantastica! Ma certamente nuova. Talvolta applichiamo i nostri sforzi a ricercare in un colpo di bacchetta magica la rivoluzione permanente della nostra vita. E quando il risultato non è così immediato, quando la rivoluzione non si mostra in un istante, quando il cambiamento non agisce fulmineamente, allora pensiamo di non essere adatti allo scopo, pensiamo che le tecniche di meditazione funzionino per altri, ma non per noi. E anche questa è abitudine. Poiché ogni volta che ci catapultiamo all’indietro utilizzando un pensiero depotenziante e auto-denigratorio è la spirale delle vecchie cose sempre uguali a se stesse che prepara l’inevitabile cascata di effetti, dall’immiserimento al depotenziamento, dal depotenziamento alla perdita della memoria del nostro splendore come essere umani.

Vi invito a entrare in dialogo con le energie della nebulosa probabilistica, come parlaste con un’amica che danza davanti a voi invitandovi a danzare. Cosa farete? Scenderete in pista rivendicando il vostro destino pienamente umano? Oppure vi trasformerete in un GOST? Suona come “fantasma” in inglese, ma nel complesso di acronimi che vado assemblando significa “Gne-Gne Oriented SysTem”. Un sistema di pensiero orientato allo Gne-Gne, espressione onomatopeica usata per indicare il pianto di un bimbo, ovvero il lamento perenne... Il GOST è quella persona il cui sistema di pensiero è orientato a un lamento perenne. E sì… rischia di diventare un fantasma, perdendosi la vita che potrebbe gustare a ogni istante.

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Quella voce interiore che dice sempre “no”