Dentro, d’accordo, ma dentro dove?

Mi capita spesso di ascoltare persone mosse dal desiderio di tornare “dentro se stesse” o lamentarsi di aver perso la connessione con quel “dentro” che appare la terra promessa di chi pratica lo studio di sé e la meditazione. Allora chiedo: “Ma dentro dove? Dentro il corpo”? Ovviamente con il concetto di “dentro” nessuno intende il corpo fisico. Eppure, inizialmente, “dentro” può anche significare “dentro il corpo", poiché si tratta della più immediata collocazione che possiamo dare al dentro. Allora il centro del cuore è più o meno a livello del cuore fisico, forse un po’ sotto, o un po’ più “dentro”... e la caverna del cuore si apre proprio dove finisce il cuore anatomico.

Del resto la fisiologia sottile dello yoga colloca i corpi più sottili in prossimità del corpo fisico, e il sistema dei chakra è una sorta di sistema nervoso parallelo. Non c’è nulla di sbagliato nell’utilizzare questi punti di riferimento, a patto che li si consideri - come in effetti sono - delle metafore, strumenti che alludono alla conoscenza, ma che non sono la conoscenza. Ricordate il detto “la mappa non è il territorio”? Ecco, ogni mappa del mondo sottile non è il mondo sottile. E “dentro”, non è dentro il corpo fisico.

Quando in meditazione portiamo l’attenzione al centro del cuore, in realtà tracciamo un percorso che si dipana dal cuore fisico all’energia sottile che lo permea, per giungere quindi al chakra, e per fare ingresso - da ultimo - nella caverna del cuore. Si tratta di una sequenza in direzione del corpo sottile. E l’ingresso nella caverna del cuore realizza il trascendimento delle limitazioni del corpo fisico con i suoi organi annessi. Da lì in poi il nostro viaggio prosegue verso l’esperienza di ciò che è collocato oltre lo spazio e il tempo, verso ciò che si trova “dentro”.

“Infinito, solo infinito. Eternità, solo eternità”. (Swami Veda Bharati)

Vi faccio un altro esempio: in meditazione usiamo inizialmente il respiro come veicolo di interiorizzazione. Lo sentiamo da principio entro le narici, avvertiamo il tocco e il flusso del respiro dentro le narici. Ecco il primo “dentro" che evochiamo. Poi utilizziamo il respiro in modo più sottile, immaginiamo di respirare da un particolare distretto del corpo, ad esempio dal centro del cuore, ma nessuno respira dal centro del cuore: il respiro passa sempre dalle narici, e tuttavia nel nostro tragitto verso il mondo sottile noi respiriamo “come se” lo spazio del cuore fosse uno spazio che respira. Ci portiamo più dentro. Poi desideriamo procedere ancora, quindi il nostro respiro si fonde nel chakra del cuore con la luce inerente dell’essere che noi siamo, e viene riassorbito dallo yantra della fusione fra cielo e terra, fra sole e luna, e trova allineamento finale con il bindu, un punto di luce purissima, estremamente condensata, che regge il centro dello yantra.

Uno yantra è una forma geometrica, un triangolo, un intreccio di triangoli, un cerchio che contiene altre forme geometriche. Si tratta di un dispositivo di amplificazione delle energie che consente alla coscienza di compiere un balzo verso il “dentro”.

“Infinito, solo infinito. Eternità, solo eternità”.

Che riflesso ha tutto questo sulle nostre vite? Un grande riflesso. Quando fate esperienza del “dentro” avendo chiarezza di cosa significhi, allora tenderete a replicare quell’esperienza nelle vostre relazioni. Avendo compreso la via che porta dentro, sarete in grado di svelarla in ogni sguardo che incrociate, sarete in grado di trasmetterla con ogni gesto che eseguite.

Uno yantra è una forma geometrica, un triangolo, un intreccio di triangoli, un cerchio che contiene altre forme geometriche. Si tratta di un dispositivo di amplificazione delle energie che consente alla coscienza di compiere un balzo verso il “dentro”.

Quando entrate in relazione con una persona, desiderate improntare quella relazione ad amore e rispetto. Se fate questo, allora lo spazio in cui voi e la persona vi trovate sarà permeato dall’energia dell’amore e del rispetto. Dal mero relazionarvi fisicamente come corpi fisici nello spazio-tempo ordinario, costruirete una rete di relazioni sottili fatta di amore e rispetto. Allora la qualità della relazione diverrà tale che sarete in grado di sperimentare quell’aspetto sublime dell’amore che è puro assorbimento nella beatitudine di una vita trascorsa assieme. Accoglierete senza legare, sarete accolti senza essere legati: vi troverete “dentro” la relazione. E un istante vissuto così - dentro quella relazione - sarà come un’intera esistenza. Trascenderete lo spazio e il tempo, vivrete col vostro amore sotto un altro cielo, abiterete assieme un’altra terra.

Sarete abili nell’accogliere senza legare, e verrete accolti senza essere legati. E sapete qual è il prerequisito per ottenere questo risultato? Non cercare il risultato. Potete vincere la partita solo se non siete preoccupati di vincerla. Se giocate liberi dal desiderio di trattenere ogni frutto di ogni vostra azione, allora ogni vostra azione sarà un gol che segnerete. La metterete dentro, la palla. Dentro, ma non nella rete! O almeno inizialmente segnerete un gol proprio così: mettendola dentro. Poi scoprirete l’ispirazione del gioco, l’energia autentica che il gioco trasmette finché non diviene vera passione, unione, fusione. E qui ricomincerete. Un’altra metafora, un altro strumento per recarvi “dentro”. Ma non dentro un corpo denso o un concetto astratto: palla, rete, cuore, amico, amore, Nient’affatto... Davvero “dentro”!

“Infinito, solo infinito. Eternità, solo eternità”.

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Scacco (matto?) ai pensieri in tre mosse meditative

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